(19 gennaio 1940) Nasce a Palermo Paolo Borsellino,
la stessa città in cui sarà ucciso il 19 luglio 1992 in seguito a un attentato
della mafia in via d'Amelio, dove abitava la madre. Con lui moriranno anche i
cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli,
Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Borsellino nasce nell'antico quartiere di origine
araba della Kalsa. Entrambi i genitori lavorano nella farmacia di famiglia. Dopo
aver frequentato il Liceo classico "Meli" s’iscrive alla facoltà di
Giurisprudenza di Palermo: all'età di 22 anni consegue la laurea col massimo
dei voti. Durante il periodo universitario il giovane Paolo trova anche il
tempo per la politica, e sarà eletto come rappresentante studentesco nella
lista del Fuan Fanalino, movimento di destra che fu sciolto nel 1996 perché d’ideologia
neofascista. Pochi giorni dopo la laurea muore il padre, caricandosi così sulle
sue spalle la responsabilità di provvedere alla famiglia. S’impegna con
l'ordine dei farmacisti a tenere aperta l'attività del padre fino al
conseguimento della laurea in farmacia della sorella.
Tra piccoli lavoretti e le ripetizioni Borsellino
studia per il concorso in magistratura che supera nel 1963. Da allora
Borsellino fu un incorruttibile magistrato, sino a far parte del “pool
antimafia” costituito dal giudice Antonino Caponnetto. Il pool era un gruppo di
giudici istruttori che si sarebbero occupati esclusivamente dei reati di stampo
mafioso che, lavorando in gruppo, avrebbero avuto una visione più chiara e
completa del fenomeno mafioso e, di conseguenza, la possibilità di contrastarlo
più efficacemente. L’dea di Caponnetto maturò anche in seguito a un’amara
constatazione, legata ai numerosi PM uccisi dalla mafia.
Quando questi venivano uccisi, la pista e i
risultati da essi conseguiti morivano con loro. Per questo era necessario un
insieme di magistrati che, lavorando e cooperando tra loro, avrebbero
conosciuto le informazioni e le intuizioni di un magistrato che veniva a
mancare, potendo in questo modo riprendere il filo delle indagini annientato
dalla violenza mafiosa. Caponnetto chiamò Borsellino a fare parte del pool
insieme con Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. Il pool
lavorò duramente per processare e condannare molti esponenti mafiosi, e il
maxiprocesso di Palermo (che Borsellino preparò insieme a Falcone sull’isola
dell’Asinara) che si concluse 342 condanne, tra cui 19 ergastoli. Il
maxiprocesso fu un colpo ferale alla cupola mafiosa, che in quel periodo al suo
vertice aveva Totò Riina e i corleonesi, vincitori dell’ultima guerra di mafia.
Il 24 luglio circa 10.000 persone parteciparono ai
suoi funerali privati (i familiari rifiutarono il rito di Stato; (la moglie,
Agnese Borsellino, ha accusato il governo di non aver saputo proteggere il
marito, e volle una cerimonia privata senza la presenza dei politici),
celebrati nella Chiesa di Santa Maria Luisa di Marillac, disadorna e
periferica, dove il giudice era solito partecipare alla Messa. L'orazione funebre
fu compiuta da Antonino Caponnetto, il vecchio giudice che diresse l'ufficio di
Falcone e Borsellino: «Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e
diventerà la lotta di ciascuno di noi».
Pochi i politici: il presidente Scalfaro, Francesco
Cossiga, Gianfranco Fini, Claudio Martelli. Il funerale è commosso e composto,
interrotto solo dagli applausi. Qualche giorno prima, i funerali dei cinque
agenti di scorta si svolsero nella Cattedrale di Palermo, ma all'arrivo dei
rappresentanti dello stato (compreso il neo Presidente della Repubblica
Italiana, Oscar Luigi Scalfaro), una folla inferocita sfondò la barriera creata
dai 4000 agenti chiamati per la gestione dell’ordine pubblico. La folla urlava
"Fuori la mafia dallo stato". Il Presidente della Repubblica fu fatto
uscire dalla Cattedrale con grosse difficoltà, e fu spintonato anche il capo
della polizia. La salma è stata tumulata nel Cimitero di Santa Maria di Gesù a
Palermo.
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