venerdì 14 gennaio 2022

Bettino Craxi, una parabola politica e umana sin troppo sottovalutata. Vincenzo M. D'Ascanio


 Ho appena visto il film su Bettino Craxi, e l’ho trovato davvero interessante. I film possono servire anche a questo, per riportare alla memoria personaggi quasi dimenticati, ma che sono stati di sicura importanza per la storia italiana. Craxi è ricordato essenzialmente per il periodo di tangentopoli, per le monetine che gli volavano addosso dinanzi all'hotel Raffael e per il famoso discorso alla Camera, quello della "corresponsabilità" di tutti i partiti nell'approfittare dei finanziamenti illeciti.

 

Tuttavia il discorso deve essere esteso, perché in questo modo è incompleto e non considera la caratura di un politico che, paragonato a quelli di oggi, può essere senza esagerazioni considerato un “gigante.” Craxi infatti è stato molto altro, con connotazioni positive e negative. In primo luogo, essendo cittadino e poi politico milanese, si è sempre speso per la costruzione di alloggi popolari in una metropoli di cui conosciamo la complessità, dando una gestione credibile all’organizzazione degli alloggi, mentre oggi la gestione delle case popolari, nel capoluogo lombardo, sembra essere nelle mani di organizzazioni oscure che lucrano su cose che naturalmente non gli appartengono. Ha continuato a farlo anche da parlamentare, promuovendo leggi sull'edilizia pubblica e attivandosi per coloro che vivevano ai margini.

 

A livello internazionale, sulla sponda occidentale, è stato colui che ha sposato con maggior convinzione la causa palestinese, inoltre, è stato un convinto terzomondista, chiedendo che il ricco occidente si occupasse di quei paesi che avevano dissanguato durante gli anni del colonialismo e dell'imperialismo economico.

 

Tuttavia come capita anche Craxi ha fatto degli errori o delle scelte non condivisibili, come l'aver cercato una stretta alleanza con la Democrazia Cristiana, in un periodo storico in cui la DC era il baluardo degli Stati Uniti in Italia (non è un caso, che proprio la DC si sfaldò in contemporanea con la caduta dell'Unione Sovietica e della Cortina di Ferro. Scritto più semplicemente, non era più necessaria al disegno imperialista dello zio Sam). Poi, certo, molti parlano dei fatti di Sigonella, ma dobbiamo ammettere senz’ombra di dubbio alcuno che quel PSI avesse smarrito o snaturato la sua missione originaria.

 

Il partito socialista di Craxi è dunque diventato l'ago della bilancia tra DC e PC a livello nazionale, e credo che proprio questo fatto, ovvero sentirsi il padrone incontrastato di un partito (Craxi al congresso di Rimini fu rieletto segretario con una maggioranza bulgara) e dell'Italia (in un periodo in cui il PCI subiva la sua alterazione storica, e la DC era indebolita da faide interne) abbiano creato in Craxi un sentimento di semi onnipotenza, che lo faceva sentire sopra la stessa legge, e con lui tutta la dirigenza del PSI, sino ad arrivare alle sue diramazioni periferiche.

 

Craxi è stato condannato due volte, per altro in contumacia. Non ha avuto il coraggio di farsi processare al contrario di Giulio Andreotti. Gli italiani hanno giustamente percepito questo fatto come un’ammissione di colpevolezza (che lui ha invece imputato sempre al sistema) e soprattutto come individuo che fuggiva dalle sue malefatte, come un qualsiasi ladruncolo di periferia. Naturalmente il fatto che i soldi fossero pubblici, ha innescato negli italiani un sentimento di rivalsa e forse anche di caccia alle streghe, considerando che oggi le malversazioni non sono terminate anzi, se consideriamo il caso della Lega, hanno assunto proporzioni grottesche, ma al popolo oggi non sembra importare, considerato che un noto evasore fiscale potrebbe essere considerato come il politico ideale per essere nominato Presidente della Repubblica.

 

A livello giuridico, piaccia o non piaccia, Craxi era un latitante. A mio avviso il giudizio dei giudici non è dogma, ma in un ordinamento giuridico non ci possono essere dubbi o retropensieri. Se fosse rimasto in Italia a discolparsi, forse sarebbe riuscito a dimostrare che "quei soldi" non erano destinati alle sue tasche, ma a rendere più forte il suo partito e sopratutto la sua corrente. I soldi sono sempre importanti, e in politica lo sono in maniera straordinaria, soprattutto in democrazie e società caotiche come la nostra, dove le uniche organizzazioni con delle regole certe restano le grandi organizzazioni criminali, dove chi manca di osservarle è immediatamente punito o riabilitato.

 

Anche se condannato forse non avrebbe visto carcere, considerato che si trattava di un uomo malato. Inoltre possiamo dire tutto, meno che le condanne per i tangentisti siano state particolarmente dure. Ciò che li fece tremare, era ritrovarsi dinanzi a delle responsabilità che mai avrebbero preventivato. Un mafioso mette in conto il carcere per qualche anno. Tuttavia quei politici, il cui sentimento di onnipotenza era spropositato, consideravano il carcere come una fornace infernale, un'onta che talvolta poteva essere lavata solo con la morte (in tanti, infatti, decisero drammaticamente di suicidarsi)

 

Infine, il famoso discorso della corresponsabilità. Non tutti i partiti erano "correi", e nel dire questo non mi riferisco soltanto al Partito Comunista, ma anche ai partiti postfascisti. Perché se devi corrompere qualcuno, corrompi chi si trova vicino al potere, non chi ne viene escluso perché considerato pericoloso dal sistema capitalistico o impresentabile, per ragioni storiche, sociali ed economiche. Ad ogni modo, forse è ancora presto per giudicare con completa chiarezza un'ondata che spazzò un intero sistema politico senza riuscire a sostituirlo con uomini e organizzazioni all’altezza.

 

Vincenzo Maria D’Ascanio

 

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