Ero al secondo anno di università, e stavo studiando perché il
giorno successivo dovevo sostenere l'esame di sociologia. Inaspettatamente
sento squillare il campanello: era il mio amico Beta. Entrato nella camera
chiude il libro con fare aggressivo, dunque avvicina il suo viso al mio e mi
guarda negli occhi.
"Oggi è martedì grasso, dobbiamo divertirci",
"Certo", gli rispondo, "raccontami il
progetto."
"Adesso andiamo ad affittare due abiti per mascherarci, poi
andiamo a ubriacarci dalla mia ragazza. Per te ci sono due coinquiline niente
male."
Il progetto aveva una sua logica, e accettai senza commentare.
Era tardi, e nel negozio erano rimasti solo due abiti da suora.
"Ok, li prendiamo", così ci allontanammo dopo aver
assorbito le 4000 raccomandazioni della proprietaria. Se solo avesse saputo...
La ragazza di Beta ci trucca, rossetto, fard, parrucca e croci spropositate,
che il mio amico avrebbe poi usato come mazza. La storia delle coinquiline era
una balla per attirarmi, comunque dal nostro arrivo impiegai poco ad ubriacarmi
e dimenticare qualsiasi cosa.
La festa si teneva nella mensa di via Premuda. Un sacco di maschere e
mascherine, io comincio ad importunare tutte le ragazze che mi sembravano tali.
Poi importuno la ragazza sbagliata, e tre tizi barba ricini (almeno dall’accento)
se la prendono. Cerco il mio amico che intanto, in parte trattenuto dalla
ragazza, stava sputando su una folla incredula. In breve mi trovo immobilizzato
a terra, per fortuna due amici di Jerzu mi liberano e io scappai. La mia ex
moglie aveva assistito alla scena, senza nemmeno conoscermi. Probabilmente mi considerò
pazzo, in seguito ebbe la conferma definitiva.
Comunque io me la batto e finisco nel giardino dell'ospedale d'Is
Mirrionis, dove stavano preparando dei lavori. Comincio una mia sfida tutta
privata con la morte, salto le buche coi ferri piazzati nel fondo, un errore
sarebbe stato fatale. Poi mi arrampico sulla recinzione dell'ospedale, arrivano
due guardie, mi strattonano, io scappo in strada e chiedo un passaggio. Mi fa
salire un tizio più ubriaco di me che, calcando l'acceleratore neanche fosse
Niki Lauda, mi dice che delle donne non bisogna mai fidarsi, e che il mio abito
da suora mi stava da dio. Il folle mi lascia in Via Roma, io vado verso Via dei
Mille dove abitava una ragazza che frequentavo al tempo. Terrorizzo le
coinquiline, mi butto a terra dicendo di essere stato appena accoltellato. Non
mi fecero salire e dissero che avrebbero chiamato la Polizia, La ragazza non mi
volle più vedere nemmeno in foto.
Arrivo al Baraguà, un locale dove si ballava sui tavoli. Entro in
condizioni da incubo, sembravo una suora dopo l'arrivo delle brigate
internazionali. Incontrai dei colleghi di uni versità, poi fu il buio assoluto.
La luce riappare, e mi ritrovo seminudo ritornare verso casa. Il giorno
successivo Beta passa a trovarmi, lui aveva tutta la faccia graffiata, la
ragazza lo aveva mollato.
"Mi dispiace" gli dico dal letto.
"Lascia stare, ho un mio progetto... Adesso dobbiamo
restituire i vestiti, aio', altrimenti scatta la penale."
"Scatta la penale?" Pensai ridendo, vedendo il vestito di Beta. Io
consegnai il vestito senza maniche, e senza quella sorta di lenzuolino che si
mettono le suore sulla testa. La tizia del negozio comincia a urlare, io non
riesco a trattenere le risate, perché penso al vestito di Beta. Questo era
sporco di vino, senza maniche, e sulla schiena aveva uno squarcio che partiva
dal collo per arrivare sino alle gambe. La tizia va su tutte le furie.
"Vergognatevi, siete le UNICHE due ad essere tornate in queste
condizioni." Stava parlando al femminile, era talmente scioccata che,
nella sua mente ottenebrata, eravamo diventate davvero due suore. Ci cacciò dal
negozio, avevamo talmente esagerato che non volle nemmeno dei soldi. Sulle
braccia avevo numeri di telefono, parolacce e figure oscene. Corsi a prendere
il libretto universitario e andai all'esame. Dopo averlo sostenuto (era
scritto), svenni in un’aiuola di viale Fra Ignazio.
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