Si mise in luce soprattutto con le caratteristiche
di “scalatore” al Giro d'Italia del 1994, giungendo secondo nella classifica
finale. Nello stesso anno si classificò terzo al Tour de France. Tornò al Tour nel
1997, dopo alcuni pericolosi incidenti accaduti nel 1995 e nel 1996, giungendo
terzo nella classifica finale. Nel 1998 vinse sia il Giro d'Italia che il
Tour de France, oltre che numerose gare minori. È stato l'ultimo dei ciclisti
(dopo Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen
Roche e Miguel Indurain) ad aver vinto Giro d'Italia e Tour de France nello
stesso anno.
Nel 1999 arriva la fatidica tappa di Madonna di Campiglio,
che Pantani vince senza particolari problemi. Il ciclista di Cesenatico sta
vincendo il giro d’Italia, Madonna di Campiglio è la terz’ultima tappa e il
vantaggio sugli inseguitori è consistente (oltre i cinque minuti). La tappa del
giorno successivo non sarà un problema, in passato Pantani l’ha già vinta e il
percorso si sposa perfettamente con le sue caratteristiche di scalatore. In
sostanza, ha la vittoria del giro in tasca.
Il giorno successivo, alle ore 10:10 locali, vengono
pubblicati i risultati dei consueti controlli antidoping effettuati dai medici
del giro. Il valore di ematocrito rilevato nel
sangue di Pantani è del 51,8%, di poco superiore al margine di tolleranza
dell'1% sul limite massimo consentito dai regolamenti, ovvero 50%.
Nell'occasione, pur non risultando positivo a un controllo antidoping, Pantani
fu escluso dalla Corsa "a scopo precauzionale" (come in uso dire al
tempo): sulla base dei regolamenti sportivi da poco introdotti a tutela della
salute dei corridori, avrebbe dovuto ripresentarsi dopo 15 giorni a Losanna per eseguire un controllo per verificare
l'abbassamento dei livelli e avere il via libera a riprendere le corse.
Fu dunque escluso dal Giro d'Italia con l'accusa di
aver assunto sostanze dopanti. Il 14 marzo 2016 viene diffusa da Premium
Sport un'intercettazione di un detenuto vicino ad ambienti legati alle
scommesse clandestine. Nell’intercettazione emerge che l’episodio di Madonna di
campiglio sarebbe stato determinato da un intervento della Camorra.
Il giorno successivo Premium Sport rende pubblica
una nuova intercettazione, in cui Augusto La Torre, boss di Mondragone,
confermerebbe il coinvolgimento della malavita nel caso Pantani, accusando
l'alleanza di Secondigliano. Tutto questo era già stato anticipato da Renato
Vallanzasca, ma nessuno gli prestò attenzione.
Lo stesso Vallanzasca aveva spedito una lettera
alla madre di Pantani, dove affermava che era stato avvicinato da un detenuto
che gli aveva sconsigliato di scommettere su Pantani, che in nessun caso
avrebbe vinto il Giro d’Italia. Tra gli stessi corridori c’erano forti
sospetti, perché il risultati di Pantani si sapevano già dalla sera
antecedente. Tutti si rifiutarono d’indossare la Maglia Rosa alla ripartenza da
Madonna di Campiglio, e il Giro fu finto da Ivan Gotti.
Nel 2016 la Procura della Repubblica di Forlì, che
indagava sul caso, concluse che “un clan camorristico minacciò un medico per
costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma”, ma
dovette richiedere l'archiviazione delle indagini a causa dell'intervenuta
prescrizione dei reati. Purtroppo i chiarimenti sui fatti di Madonna di Campiglio,
che scagionarono completamente pantani dall’accusa di essere un dopato,
arrivarono quasi 12 anni dopo. Il 14 febbraio 2004 Marco, da qualche tempo
affetto da una grave sindrome depressiva, fu trovato senza vita in un albergo
di Rimini.
La sua figura ha ispirato diversi libri tra i quali
“Un uomo in fuga.” La vera storia di Marco Pantani” (2004) di M. Ronchi e G.
Josti e “Pantani. Un eroe tragico” (2005) di P. Bergonzi, D. Cassani e I.
Zazzaroni; alla tragica vicenda dello sportivo è stato dedicato anche lo
spettacolo teatrale Pantani (2012), diretto dal regista M. Martinelli, che ne
ha compiutamente restituito la personalità orgogliosa e fragile. Nel 2014, in
occasione del decennale della morte, il giornalista sportivo Pastonesi ha
pubblicato il testo “Pantani era un dio”, in cui ricostruisce la storia del
campione.
Vincenzo Maria D’Ascanio
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