Questo suo attivismo lo porta a scontrarsi spesso
col padre, fino all’inevitabile allontanamento da casa. Nel 1965 fonda “L’idea
socialista”, un giornale di denuncia che dopo poco verrà sequestrato,
evidentemente in quanto ritenuto “scomodo” per alcuni “notabili” della città,
naturalmente collegati in vario modo al sistema mafioso, che proprio in quegli
anni non veniva quasi riconosciuto dalle forze dell’ordine, e molti giudici la
trattavano come una leggenda. In quegli anni Impastato partecipa alle manifestazioni
di protesta accanto ai disoccupati e ai contadini ai quali vengono espropriati
i terreni per favorire gli interessi di imprenditori prossimi al sistema,
compresi quelli riguardanti la costruzione dell’aeroporto di Palermo.
Nel 1976 promuove la formazione di un’associazione
culturale denominata “Musica e cultura” e un anno dopo fonda “Radio Aut”,
un’emittente radiofonica libera dai cui microfoni Peppino opera un’audace
azione di denuncia nei confronti dei boss locali (in particolare del capomafia
Gaetano Badalamenti), e dei traffici di droga gestiti da questi ultimi grazie
al controllo dell’aeroporto di Palermo.
Nel 1978 “Peppino” Impastato si candida alle
elezioni comunali di Cinisi nella lista di Democrazia Proletaria, ma nella
notte tra l’8 e il 9 maggio di quello stesso anno viene barbaramente ucciso,
legato ai binari ferroviari con una carica di tritolo sotto il suo corpo.
Inizialmente, incredibilmente, la stampa e la magistratura lo dipingono come un
possibile attentatore rimasto vittima del suo stesso atto terroristico o
ipotizzano al massimo un suicidio: purtroppo in Italia avviene anche questo.
Due procedimenti giudiziari nei confronti di
Gaetano Badalamenti, accusato di essere il mandante dell’agguato a Peppino
Impastato, si concludono con altrettante archiviazioni, nel 1984 e nel 1992.
Soltanto nel 2002 la Corte di giustizia italiana condanna Gaetano Badalamenti,
detto “Don Tano”, all’ergastolo per l’omicidio di Peppino Impastato.
Nei giorni successivi all’assassinio d’Impastato i
suoi concittadini di Cinisi votano il suo nome e lo eleggono simbolicamente nel
consiglio comunale. Oggi centri e associazioni continuano a combattere la mafia
in suo nome e ci sono istituti e luoghi pubblici intitolati a lui: per fortuna
l’Italia è anche questo.
(05 Gennaio 1984) La mafia uccide Giuseppe Fava. Ore
22.00, lo scrittore, giornalista e sceneggiatore Giuseppe Fava viene ucciso da
5 proiettili alla nuca. A sparare è la mafia. Nato il 15 settembre del 1925 in
provincia di Siracusa, Fava affianca al giornalismo una brillante carriera di
drammaturgo: il film “Palermo or Wolfsburg”, tratto dal suo romanzo “Passione
di Michele”, vince l’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 1980.
Nello stesso anno, gli viene affidata la direzione
del “Giornale del Sud” e ne fa un quotidiano coraggioso, in prima fila nel
denunciare le attività mafiose a Catania. Licenziato dal “Giornale del Sud”,
continua la sua campagna antimafiosa sulla rivista “I Siciliani” , in cui
pubblica l’anno prima un’inchiesta-denuncia (“I quattro cavalieri
dell'apocalisse mafiosa”) sui collegamenti fra quattro importanti imprenditori
catanesi e il clan di Nitto Santapaola.
Inizialmente, viene attribuito all’omicidio un
movente passionale o economico (per le difficoltà in cui versava la rivista);
solo successivamente la magistratura valuta meglio il ruolo di Fava nella
denuncia dell’attività dei clan e nel 1998, istruendo il processo “Orsa
maggiore”, che si conclude con la condanna di Nitto Santapaola all’ergastolo
come mandante dell’omicidio.
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